Indice Glicemico,
un fattore fondamentale.
Un fattore importante per programmare e gestire la nostra alimentazione è l’ Indice Glicemico.
In questo articolo spiego in modo semplice e pratico cosa è e perché conviene tenerne conto.
In particolare gli argomenti trattati sono:
- Perché non è indifferente il tipo di carboidrato che mangiamo?
- Capire cosa è l’Indice Glicemico (I.G.).
- Varietà dei Carboidrati in natura.
- Carboidrati semplici e complessi.
- Come assimiliamo i Carboidrati.
- Cosa significano le diverse velocità di assimilazione.
- Effetti di alto e basso IG.
- Ingrassare e avere fame?
- Scegliere gli alimenti in base all’Indice Glicemico è fondamentale !
- I pericoli delle diete dimagranti veloci.
- Cosa non deve mai mancare.
Perché non è indifferente il tipo di carboidrato che mangiamo?
Perché non è la stessa cosa mangiare ad esempio un etto di insalata ed un etto di pasta? E perché la prima è senz’altro una fonte di carboidrati molto migliore della seconda? A parte l’enorme importanza delle vitamine, degli antiossidanti, dei sali minerali e delle fibre che l’insalata (presa qui ad esempio delle verdure) contiene e che invece la pasta contiene solo in maniera insignificante, una differenza fondamentale è costituita dalla velocità diversa con cui questi due alimenti fanno salire la glicemia, provocando di conseguenza una diversa produzione di Insulina. Tutto questo dipende da un fattore molto importante, l’Indice Glicemico, messo a punto agli inizi degli anni’80 ma purtroppo tutt’oggi ignorato o misconosciuto anche da molti “esperti” del settore.
Capire cosa è l’Indice Glicemico (I.G.).
Prendiamo in considerazione una tazza di zucchero, una galletta di riso, del pane, delle ciliege, delle zucchine, ed infine un foglio di carta – magari quello su cui il vostro nutrizionista di fiducia vi ha scritto la dieta – in ogni caso abbiamo preso un CARBOIDRATO – o idrato di carbonio o glucide o glicide, che possiamo anche chiamare più confidenzialmente zucchero. Gli zuccheri, infatti, non sono solo quegli alimenti che appaiono dolci al gusto.
Varietà dei Carboidrati in natura.
In natura esistono molti tipi di carboidrati, ovvero di zuccheri. Alcuni, come la cellulosa, le pectine, le emicellulose, nonché una ampia gamma di gomme e mucillagini di varia origine, rientrano tra le fibre, ovvero non sono digeribili e quindi sono inutilizzabili a scopo energetico dal nostro organismo. Sono soltanto “zavorra”, ma zavorra preziosa per altre funzioni che svolgono. Eppure la cellulosa, utilizzata per fare la carta, è costituita da molecole di glucosio proprio come gli spaghetti. Soltanto che il tipo di legame chimico con cui queste molecole di glucosio sono legate tra loro le rende per noi inutilizzabili.
Peccato, perché mentre gli spaghetti contengono in percentuale ridotta anche altre sostanze, la cellulosa contiene solo glucosio. Fatto è che il nostro apparato digerente non è in grado di scindere i legami che uniscono queste molecole di glucosio, cosa che invece riesce benissimo ai ruminanti e agli erbivori in generale. Per loro la cellulosa è un buon cibo che consente loro di vivere.
Carboidrati semplici e complessi.
I carboidrati per noi assimilabili vengono classificati, da un punto di vista nutrizionale, come “semplici” o come complessi”. Tra quelli complessi, oltre alle fibre, ricordiamo l’amido, costituito da polimeri di glucosio lineari (amilosio) e ramificati (amilopectina) in proporzioni variabili.
I carboidrati semplici, comunemente detti zuccheri, comprendono i monosaccaridi quali il glucosio, il composto organico più diffuso in natura – e il fruttosio, – lo zucchero della frutta, presente in molti frutti e in alcuni tipi di miele -, e i disaccaridi, quali il saccarosio – il comune zucchero da cucina estratto dalla barbabietola o dalla canna da zucchero -, il maltosio – costituito da due molecole di glucosio unite tra loro attraverso legami α (1 → 4) e che in natura si trova in quantità discrete solamente nei semi germogliati – e il lattosio – lo zucchero del latte – .
Pur essendo già presenti naturalmente negli alimenti primari, gli zuccheri in forma raffinata vengono utilizzati come tali (saccarosio) o incorporati in alimenti e bevande per aumentarne la gradevolezza, grazie al loro gusto dolce.
Fino a non molto tempo fa si riteneva che la velocità di assorbimento dei carboidrati dipendesse dalla loro maggiore o minore complessità. Sembrava logico ritenere che la pasta, composta prevalentemente da lunghe molecole di glucosio unite tra loro, richiedesse molto più tempo per entrare in circolo rispetto, ad esempio, al fruttosio, lo zucchero estratto dalla frutta, che è uno zucchero semplice.
Come assimiliamo i Carboidrati.
Controllando l’aumento della glicemia dopo l’ingestione di un alimento, tuttavia, ci si è accorti che l’organismo segue logiche diverse da quelle di alcune teorie, logiche che determinano maggiori o minori capacità di farci ingrassare, ma non solo.
L’organismo, infatti, assimila i carboidrati in base al loro Indice Glicemico (I.G.) , che rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia, (cioè lo zucchero nel sangue) dopo aver consumato 50 grammi del carboidrato in questione. La velocità è espressa percentualmente prendendo il glucosio (50 g.) come punto di riferimento, ovvero attribuendogli il valore di 100.
Questo avviene perché l’organismo umano può utilizzare gli zuccheri ingeriti, di qualsiasi tipo essi siano, solo trasformandoli tutti in glucosio.
A volte, specialmente in Italia, si trovano tabelle dell’I.G. che prendono il pane come base 100. In questo caso basta moltiplicare il valore per 0,73 per ottenere il valore nella scala del glucosio.
Cosa significano le diverse velocità di assimilazione.
Se l’alimento esaminato ha un indice glicemico pari a 50, questo significa che l’alimento preso in esame innalza la Glicemia con una velocità pari alla metà di quella del glucosio, mentre se è di 25, la velocità sarà pari a un quarto, e così via. Andando a vedere l’I.G. di vari alimenti si scoprono così alcuni dati di fatto che non erano neppure concepibili solo pochi anni or sono. La stessa quantità di spaghetti, ad esempio, alimento considerato un glucide complesso, può avere un indice glicemico variabile da circa 35 a oltre 60 – si deve ricordare sempre che il glucosio vale 100 – a seconda che si tratti di spaghetti poco o molto cotti. (E’ possibile scaricare delle tabelle complete dell’I.G. dopo aver fatto il Test, anche se non si acquista la dieta)
Il fruttosio, uno zucchero semplice che, tra l’altro, ha a parità di peso le stesse calorie dello zucchero da cucina, ha un I.G. di 23, mentre lo stesso zucchero da cucina, il saccarosio, appunto, ha un I.G. pari a 68, non molto diverso quindi da quello della pasta ben cotta.
Le differenti conseguenze che si hanno dall’ingestione di carboidrati ad alto I.G. o a basso I.G., indipendentemente dall’essere carboidrati semplici o carboidrati complessi, è visibile nel grafico qui a fianco. Perché avviene questo? E’ piuttosto semplice.
Perché ogni volta che la glicemia sale velocemente, il pancreas immetterà velocemente in circolo una dose proporzionale di insulina, l’ormone dell’assimilazione e dell’accumulo.
Effetti di alto e basso IG.
Gli alimenti ad alto I.G. – come ben si vede guardando il grafico – faranno sì salire la glicemia molto velocemente ma, per effetto dell’insulina prodotta, la stessa calerà velocemente al di sotto del livello medio, portando a una situazione di ipoglicemia. L’energia assunta molto velocemente verrà spesa dall’organismo solo in parte.
Quando “facciamo il pieno” di carboidrati ad alto I.G. provochiamo un aumento eccessivo del glucosio – la nostra benzina- nel sangue.
Poiché l’organismo non è in grado di tollerare più di tanto l’iperglicemia, l’insulina prontamente prodotta dal pancreas (in condizioni normali) mette da parte il glucosio sotto forma di grasso; si avrà di conseguenza una situazione di ipoglicemia e quindi fame, ovviamente di carboidrati.
Ingrassare e avere fame?
In pratica finiremo con l’ingrassare e avremo fame allo stesso tempo. La soluzione peggiore
A differenza di quanto avviene con gli alimenti ad elevato I.G., gli alimenti a basso Indice Glicemico, immettendo in circolo il glucosio lentamente, permetteranno al contrario di rendere l’energia disponibile in modo graduale, dando il tempo all’organismo di consumarla tutta senza accumularne una parte più o meno abbondante come grasso. Le conseguenze pratiche di quello che abbiamo detto sono che, tanto più mangiamo alimenti con un elevato I.G., tanto più sarà facile ingrassare.
Quindi dobbiamo in primo luogo tenere sotto controllo prodotti come i dolci -ovviamente- ma anche il pane, la pasta, le patate e in particolare le patatine fritte ma anche le bibite gassate, ricche di zucchero e gli alcolici. Tutti questi alimenti, comprese le bibite, sono in pratica tutti zuccheri e zuccheri molto veloci. I principali responsabili del nostro ingrassamento.
Ricordiamo sempre che i prodotti integrali hanno un I.G. un poco più basso degli equivalenti raffinati, ma anche che un prodotto a basso IG come la maggior parte delle verdure, se associato a uno ad elevato IG, come la pasta, riduce il rischio di ingrassare. Anche le proteine, se associate ai carboidrati, ne rallentano l’I.G.
Scegliere gli alimenti in base all’Indice Glicemico è fondamentale !
I Grassi, infine, non influiscono minimamente sull’I.G. Anzi, entro certi limiti, servono proprio i Grassi per non ingrassare. Quindi, invece di un piatto di spaghetti senza altro, è meglio un piatto di spaghetti, comunque molto più piccolo di quanto siamo abituati a mangiare, condito con un poco di olio, con tante verdure e sempre associato con un secondo.
La base della nostra alimentazione, infatti, dovrebbe essere formata dalla frutta e dalla verdura con la giusta dose di proteine e di grassi vegetali come l’olio di oliva.
Purtroppo nel nostro paese è invalsa l’idea, probabilmente spinta da pubblicità interessate, che la famosa dieta mediterranea sia costituita da un bel piatto di pasta. Niente di più falso e pericoloso.
Gli alimenti base della dieta mediterranea sono la frutta, la verdura, i legumi, l’olio d’oliva ma anche il pesce o le carni bianche. Se poi si preferisce la dieta vegetariana, la soia ed il lupino apportano sufficienti proteine.
Perdere peso, ma lentamente. Ecco il modo migliore per non ingrassare di nuovo. E’ quindi fondamentale dimagrire solo se davvero necessario, ma soprattutto in modo lento e progressivo.
Questo permetterà di non ingrassare di nuovo alla fine delle diete dimagranti, ma anche evitare le smagliature e altri inestetismi della pelle che si creano sempre nei dimagrimenti rapidi.
I pericoli delle diete dimagranti veloci.
Perdere peso con le diete dimagranti che fanno dimagrire velocemente non è solo sbagliato ma decisamente pericoloso. Da quanto detto sull’Indice Glicemico I.G. scaturiscono conseguenze che non possono essere trascurate se si vuole davvero dimagrire evitando il ben noto effetto Jo-Jo, o sindrome dell’oscillazione ciclica del peso, come si chiama in gergo scientifico.
A differenza di quello che si pensava in passato – ma che purtroppo molti continuano a credere – l’importanza delle calorie totali nell’ambito di una dieta è notevolmente ridotta. Non è la stessa cosa assumere, ad esempio, 300 chilocalorie da un alimento a basso I.G. come la verdura oppure da uno ad alto I.G. come un dolce ma anche da pane e pasta.
Risulta poi fortemente ridotto anche il valore della differenza tra carboidrati semplici e complessi, dato che l’I.G. di un carboidrato complesso come la pasta, specialmente se ben cotta, si avvicina fortemente a quello di un carboidrato semplice come lo zucchero da cucina -saccarosio- ed è molto superiore a quello del fruttosio, zucchero semplice estratto dalla frutta.
Se l’I.G. della pasta varia a seconda della maggiore o minore cottura, così anche un frutto maturo ha un I.G. maggiore di un frutto acerbo. Anche l’I.G. del pane è variabile a secondo del modo di produzione e della cottura. L’indice glicemico, inoltre, è influenzato dalle interazioni con grassi e proteine.
Per una dieta equilibrata e allo stesso tempo gradevole, sia che si voglia dimagrire sia che si voglia rimanere del proprio peso, è decisamente preferibile associare a un pasto a base di carboidrati – come il classico piatto di pasta – alimenti proteici come la carne o il pesce o i legumi, aggiungendo una certa dose di grassi vegetali – olio d’oliva – in quanto la presenza di questi due macronutrienti rallenta la velocità dell’assorbimento intestinale.
Cosa non deve mai mancare.
Non devono poi mancare le verdure che con le loro fibre aiuteranno a modulare, riducendolo, l’aumento della glicemia indotto dalla pasta. È quindi nutrizionalmente più indicato mangiare un piatto di pasta al pomodoro con una scatoletta di tonno piuttosto che mangiare lo stesso quantitativo di pasta senza condimenti.
Naturalmente è molto più corretto mangiare una dose minore di pasta, dato che abbiamo delle proteine e una dose abbondante di verdure a nostra disposizione. Ma, è bene precisarlo, la pasta che viene oggi fatta passare come un alimento tradizionale, non ha nulla a che vedere con la dieta Mediterranea ed è anzi un pessimo alimento.
Aggiungere un cucchiaio di olio d’oliva, oltre a rallentare la successiva comparsa della fame, diminuisce anche l’indice glicemico del pasto preso nel suo complesso.
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Approfondimenti:
1) Carico Glicemico 2) Indice Insulinico, questo sconosciuto
consulta le: Tabelle internazionali degli indici e dei carichi glicemici
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