Fertilità e Zona. Quali rapporti.
È ormai ben noto a tutti come uno dei problemi delle società occidentali e dell’Italia in particolare sia un significativo calo delle nascite, fenomeno che da un lato determina l’invecchiamento generale della popolazione ed il conseguente aumento dell’incidenza percentuale di malattie ad esso correlate (diabete, malattie cardiovascolari, malattie degenerative del sistema nervoso etc) ma anche più in generale un senso di “impoverimento del futuro”, inteso come prospettiva in mano alle nuove generazioni.
Alla base di questo fenomeni ci sono fattori culturali, economici e sociali, che portano al progressivo ridimensionamento del nucleo familiare, oggi spesso costituito da un solo figlio rispetto alle famiglie di anche solo pochi decenni or sono.
Ma oltre a questi fattori più generali, esistono anche fattori che potremmo definire individuali probabilmente legati alla mancanza di tempo e di voglia, alle poche prospettive e scarse sicurezze.
Ma sicuramente, oltre a tutte queste problematiche, c’è un sempre più diffuso problema di fertilità che, sia detto per inciso, non riguarda solo le donne, dal momento che in Italia quasi 2 milioni di uomini sono affetti da questo problema.
Le cause sono estremamente variabili, ma certamente uno stile di vita sedentario, associato a fumo, alcol, stress e un’alimentazione scorretta possono rendere il soggetto maggiormente incline all’infertilità, intaccando il DNA degli spermatozoi.
Uno studio (1) francese pubblicato sulla rivista scientifica Human Reproduction afferma che gli uomini oggi producono un terzo degli spermatozoi in meno rispetto a due decenni fa. Gli studiosi francesi hanno monitorato – tra il 1989 e il 2005 – ben 26600 uomini tra i 18 e i 70 anni, registrandone la produzione di spermatozoi per millilitro.
Il risultato è allarmante e disarmante allo stesso tempo. Gli spermatozoi prodotti in media da un maschio di 35 anni nell’arco di tempo esaminato è sceso da 73,6 milioni (1989) a 49,9 milioni (2005), con un decremento totale del 32,3% (circa l’1,9% l’anno). Gli stessi spermatozoi a completo sviluppo sono diminuiti del 33,4%.
E anche stavolta è la scienza a confermarcelo, dato che l’epidemiologa Joelle Le Moal, autrice dello studio, ha sottolineato come i dati rappresentino un serio problema di salute pubblica che non può essere slegato da fattori e cambiamenti dell’ambiente circostante…soprattutto per quanto riguarda l’alimentazione!
Questo viene confermato da un altro studio (2), danese, coordinato da Tina Jensen del Rigshospitalet di Copenhagen. Questo studio ha preso in esame un campione di 701 maschi, monitorati nel periodo dal 2008 al 2010 attingendo ai dati del servizio militare.
Ogni individuo ha compilato un modulo sulle proprie abitudini alimentari e grazie a queste informazioni è stata riscontrata una connessione tra consumo di grassi saturi ed efficienza del sistema riproduttivo, in base ai valori indicati dall’ Organizzazione Mondiale della Sanità per quanto riguarda la quantità e concentrazione di spermatozoi.
Ma la stessa ricerca, pubblicata sull’American Journal of Clinical Nutrition, sottolinea l’impatto dei grassi saturi sulle malattie cardiovascolari e sulle patologie tumorali.
Se solo si pensa all’eccessivo consumo di carne che, ovviamente, contiene grassi saturi ed anche al sempre più diffuso uso di cibo spazzatura o junk-food ci si rende facilmente conto del fatto che sicuramente ci sono troppi grassi saturi nello stile alimentare attuale, e proprio questo eccesso agisce a sfavore della fertilità maschile ma non solo di questa.
Nello specifico i dati mostrano che chi mangia male abbia il 41% di spermatozoi in meno (e una concentrazione ridotta del 38%!) rispetto a chi segue una dieta più sana ed equilibrata.
Anche questa è un’ulteriore dimostrazione dell’innegabile connessione tra il regime dietetico e lo stato di salute generale dell’individuo, stato non scindibile dalla salute riproduttiva.
È quindi fondamentale fare la massima attenzione ai grassi animali in forma solida come lo strutto, il burro, la parte grassa delle carni e i formaggi.
Ma non solo questi dato che anche alcuni elementi di origine vegetale possono contenere grassi saturi, come i prodotti contenenti olio di palma oppure olio di cocco così diffusi nel cibo spazzatura. Da non dimenticare i grassi idrogenati, ancora più pericolosi.
Naturalmente, a scanso di equivoci, dobbiamo ricordare che non tutti i grassi sono pericolosi, anzi, alcuni sono assolutamente indispensabili ad una vita sana ed alla stessa salute riproduttiva, essendo essenziali per alcune funzioni metaboliche del nostro corpo ed è quindi importante fare delle precisazioni.
È fondamentale l’uso di grassi mono e poli insaturi come quelli contenuti nell’ olio d’oliva, nella frutta secca tipo le mandorle e nel pesce.
Assolutamente essenziale è infatti consumare gli Acidi Grassi della serie Omega 3 nella giusta dose, quotidianamente.
Non si tratta di opinioni più o meno discutibili, ma di un dato di fatto scientifico che ci proviene, tra le molte fonti, anche da uno studio(3) di Harvard pubblicato sulla rivista Human Reproduction, studio che era stato presentato alla riunione annuale dell’American Society for Reproductive Medicine, condotto su un piccolo campione di 99 uomini con l’obiettivo di analizzarne i risultati riproduttivi a seguito di scelte alimentari diverse, se non opposte.
Con questo studio, ci spiega Jill Attaman, docente di Endocrinologia riproduttiva presso il Massachusetts General Hospital e di Biologia riproduttiva alla Harvard Medical School, coloro che consumano alimenti ricchi di acidi grassi polinsaturi Omega 3, migliorano notevolmente non solo la loro salute generale, aggiungendo al benessere psico-fisico anche maggiori possibilità riproduttive.
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